Di e con Lidia Luciani, Giovanni Berretta, Jonathan Lazzini, Manuel Apice

è giusto in questo mondo essere fragile per amore?
Visto che siamo fragili nella solitudine è giusto in questo momento mettere una maschera?
Visto che abbiamo già una maschera quotidiana è giusto avere paura?
Visto che siamo figli della paura?

Due attori, una danzatrice e un musicista in scena. Un testo che parte dal monologo principale di Mercuzio ed utilizza in tutto il suo splendore le parole del Bardo. Un lavoro sull’equilibrio scenico partendo dalle tele dei fiamminghi dai colori forti e penetranti. Un lavoro sul corpo che mischia l’arte della danza ai principi del metodo Grotowsky. L’atmosfera sonora creata fra corpo e voce da un cantautore che attraverso le sue parole risponde alle domande che gli attori si sono posti.

L’idea nasce dal coinvolgimento dell’atto artistico con l’atto sociale che arriva prima della paura dell’incontro. La paura dell’amore. La paura del dolore, della perdita o dal mancato sentimento corrisposto. Ci siamo chiesti quale fosse la paura più grande di questo momento storico e abbiamo capito che era l’incontro. E dopo un lungo pensiero qual era drammaturgicamente la storia dove l’incontro avviene in tutta la sua potenza? Romeo e Giulietta. In una prima analisi tutto sembrava molto facile e riconduceva ai personaggi dei protagonisti, poi gli attori si sono chiesti, quali erano in questa storia i veri personaggi che potevano esprimere pienamente i concetti della nostra indagine?

Tebaldo e Mercuzio. Con semplicità. Rispondevano ad ogni domanda da loro richiesta. Cosa ci mancava a questo punto? Un personaggio androgino che li facesse incontrare. Perché androgino? Perché un’altra grande paura del nostro tempo è l’incomprensione della diversità. Con l’avvento di questo personaggio avevamo le risposte non solo relative al rapporto tra Tebaldo e Mercuzio ma anche verso l’attorno che essi vivevano.

 

 

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