Interroghiamo il mare poiché esso custodisce le nostre origini. Calvalchiamo onde perché ci svelino i nostri segreti. Rivolgiamo gli occhi all’orizzonte implorando la parola che ci liberi. Ma è quando il vento si ferma e la bonaccia incalza che ci assaltano le visioni più spaventose. Perché i mostri sono dentro di noi e muoversi continuamente, cambiare, spostarsi è solo un modo per non affrontare gli abissi che celiamo dentro. L’incubo peggiore è restare fermi e soli davanti a noi stessi. Guardare nel gorgo. Fermarsi e ascoltare il suono del Leviatano che ci chiama dalle profondità di un mare che è culla e sepolcro.

 

L’intero studio si è basato sulla ricerca fisica delle scene e dei ruoli tramite improvvisazioni guidate da contenitori attinenti alle diverse sfaccettature del tema che si è progressivamente destrutturato e ricomposto come poliedrico riassunto delle sincere intuizioni non ponderate che si sono svelate durante il percorso. La struttura così ottenuta è diventata l’architettura solida e precisa dello spettacolo. I suoni e le immagini sono generate e scaturite in scena da microfoni a contatto, looper, sintetizzatori e beat machine i cui trigger sono dislocati e mimetizzati nello spazio per permettere l’interazione con un “quinto elemento” virtuale, una metafora pulsante dell’ansia opprimente che vive l’equipaggio sotto l’assedio implosivo dell’isolamento.

creazione collettiva a cura di

Greta Sabbatini, Nicola Pinelli, Beatrice Mencarini, Giovanni Beretta

ambiente video e sonoro originale Nicola Pinelli

produzione Compagnia Ordinesparso, Nin|Nuove Interpretazioni

foto Nicolò Puppo, Michele Bertoloni

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