Anche questa settimana, prosegue la nostra rubrica Tre domande a…questa volta con Davide, membro e caposaldo di Ordinesparso. Questa storia delle interviste ci piace e, abbiamo visto, vi piace molto.Sicuramente ci hanno avvicinato. Serviranno a farci crescere. Perché, come diciamo sempre, Ordinesparso e NIN crescono con voi. Non è detto mai a caso! Ma andiamo subito al sodo con le domande:

1.Quest’anno a NIN, insieme a Giovanni avete riportato in scena uno spettacvolo molto vostro, importante per il periodo in cui è stato costruito. Che emozione hai provato nel rifarlo anche questa volta?  “Alias” andato in scena a nin è stata una delle repliche più intense fra quelle fatte sino ad oggi; questo spettacolo è davvero particolare, è veramente vivo, nel senso che cambia ogni volta, il testo diventa una base su cui nasce ogni volta uno spettacolo differente. Per me, personalmente, è stato particolare anche sapere che c’era mia figlia Tea in sala, che a marzo aveva 2 mesi e non poteva certo capire quello che stava succedendo – anche perchè ha dormito tutto il tempo in braccio alla sua mamma…- però emotivamente è una cosa che ha fatto la differenza. E poi nonostante i rumori e le urla non si è svegliata; è la prima volta in cui sono contento di sapere che uno spettatore dorme durante uno spettacolo!

2. Cos’è per te il viola? Perché è così importante per NIN? Il viola, a mio modo di vedere, è un colore molto primaverile, che ha che fare con il creare, il mettersi in comunicazione con quello che ancora non esiste, magico in un certo senso. L’ho pensato prima del nome, che ha avuto varie alternative prima di arrivare a nin-nuoveinterpretazioni, perchè cercavo un qualcosa di ‘basico’, di molto molto semplice, che indentificasse in modo univoco la rassegna a livello di comunicazione, e il viola mi è sembrato perfetto. Poco usato in ambito teatrale, per motivi scaramantici, ha dato sin da subito una identità unica e semplice a livello visivo (viola=nin), insieme alla font, anch’essa scelta per la sua basicità. Si tratta di nuove interpretazioni, di andare otlre l’esistente, di immaginare nuove vie, e per farlo bisogna accantonare le vecchie credenze, e gettare nuove basi per ripartire; una piccola primavera, viola, per l’appunto.

3. Cosa faresti per rilanciare il teatro nella nostra zona? Come educare il pubblico spezzino in generale? Mah, sarò schietto, ‘educare’ è una parola che mi fa un po’ addormentare; io spero, con la rassegna e con tutte le mie ‘uscite’ teatrali, di divertire e di appassionare il pubblico a quello che vede, in modo che abbia voglia di vedere altro ancora, di diventare parte di un percorso di dialogo. Il Teatro per me è dialogo, e quindi se io parlo a qualcuno devo cercare di capire e farmi capire, ascoltare e tenere sveglia la persona a cui parlo, divertirla e appassionarla se è il caso, e sperare che mi risponda e abbia voglia poi di riparlare con me. Altrimenti vado a fare dell’altro! A livello di strutture, invece, per coinvolgere il pubblico quello che secondo manca in zona è un investitore privato forte, uno che abbia un palazzetto o un teatro suo, o una saletta, un locale, un posto scevro, per quanto questo sia possibile, da logiche politiche, un posto ‘commerciale’. Quello che succede con i locali e la musica, c’è la proposta pubblica e quella privata, che in zona perlatro è molto vivace. A livello teatrale questa cosa mi pare che accada con difficoltà, e invece aprirebbe la strada a più vivacità e dinamica nelle proposte.

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