Eccoci al consueto appuntamento “in viola” di teatro con la T maiuscola! Sabato 2 febbraio va in scena Finale di Partita, di Beckett. Questo spettacolo nasce come ricerca di un teatro nuovo, diverso, partendo da un testo intenso e profondo quale è “Finale di partita” e nel tentativo di superare la confusione generata dalle solite rappresentazioni di testi classici, talvolta privi di motivazione aritsitca.
Beckett, da sempre sinonimo del vivere e non vivere, dell’identità “essere=incomprensibile”, che è tale qualunque cosa si voglia intendere per “essere”. Ed ecco perché pur dando voce al fallimento della presa di coscienza di una simile identità, l’autore si rileva sempre estremamente coinvolgente.
Come per “Aspettando Godot” anche “Finale di partita” ha una scrittura basata sulla ripetizione ciclica di numerosi particolari, struttura tipica di molte opere del cosi detto “teatro dell’assurdo”, ma che dopo un’analisi approfondita, ci fa capire come questa ciclicità sia molto più di un brillante artificio drammaturgico, ma possiede un profondo valore semantico, volendo lasciar intendere che è la vita stessa a non avere sostanza.
Così la valenza metaforica del mondo esterno che inaridisce progressivamente viene rafforzata dal lievitare ininterrotto di un linguaggio sempre uguale e che, per questo, finisce per auto distruggersi. Inoltre il ritorno costante di motivi di questo genere produce un crescendo ossessionante che rimanda al tema principale dell’opera, quella morte dell’essere che in Godot è appena adombrata e che qui invece esplicitamente dichiarata già nel titolo stesso e soprattutto nelle amare allusioni nascoste nei discorsi dei personaggi.
Tutto ciò è magnificamente rappresentato dalla Compagnia Teatro Instabile di Imperia, con l’utilizzo di una scenografia scarna ed essenziale ma di forte impatto emotivo, un luogo non luogo, dove assume rilievo solo l’essere umano privato della maschera che fluttua perduto nel nulla come perduti nel nulla sono tutti e quattro i personaggi, un nulla che diventa comunque un percorso verso una consapevolezza da cui nessuno può fare ritorno.
Protagonisti di questo atto unico sono Hamm, cieco e condannato a trascorrere i suoi giorni su una sedia a rotelle, e Clov il suo servo, forse figlio adottivo. I due hanno un rapporto conflittuale in cui si consumano continui litigi ma anche una reciproca dipendeza. Clov vive nell’eterna tentazione di andarsene ma pare non esserne capace. In scena anche gli anziani genitori di Hamm, entrambi privi degli arti inferiori, costretti a trascorrere la loro esistenza in due bidoni della spazzatura, ma tra di loro è evidente un incantevole dialogo d’amore in cui i ricordi del passato si mescolano al disagio del presente. Suspence derisoria della pièce : riuscirà Clov ad andarsene?

Non si saprà sino alla fine.

IL TEATRO INSTABILE

Gianni Oliveri e Livia Carli, attori e registi della Compagnia Teatro Instabile, debuttano nel 1999 con “L’Amante” di Pinter. Hanno lavorato sul metodo Stanislavskij, perfezionandosi sugli esercizi di tecnica dell’attore di Michail Cechov. Nel corso degli anni la Compagnia realizza tournèe in tutta Italia, ottenendo importanti premi e riconoscimenti. Nel 2006 si afferma anche a livello internazionale, invitata dal Console italiano a Basilea a rappresentare lo spettacolo “Beffe” , mentre nell’agosto 2009 partecipa al Fringe Festival di Edimburgo con lo spettacolo in lingua inglese per bambini “Tixi & Moxo:a colourful adventure” di D. Veronese, anche qui riscuotendo l’interesse e il favore sia del pubblico che degli organi di stampa.

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