La rassegna NIN è arrivata al suo ultimo appuntamento: la vetrina critica di TILT (Teatro Indipendete Ligure). Quest’anno, NIN da possibilità ai vari professionisti del teatro di esibirsi nel suggestivo scenario della Fortezza Firmafede, proponendo piccoli estratti dei loro spettacoli. Anna Russo, presindetessa di TILT, si è prestata a questo nostro gioco delle tre domande. Ecco le sue risposte, in attesa di aspettarvi tutti numerosi alla vetrina critica questo fine settimana in Cittadella a Sarzana.
Com’è nata la collaborazione con NIN|Nuove INterpretazioni e qual’è l’obbiettivo che vi siete prefissati?
La collaborazione con NIN è nata in maniera naturale: Giovanni Berretta, direttore artistico di NIN, ha partecipato ad uno degli incontri aperti che il neonato TILT promuoveva per confrontarsi e capire appunto quale fosse il senso di creare una rete di artisti e operatori e quindi quali fossero gli obiettivi . Era il 2011 e l’idea di TILT stava prendendo forma. Gli obiettivi erano e sono ancora molto semplici. Creare una rete che si “auto-sostenga”: ossia crediamo fermamente che lavorare insieme, in rete in reciproca fiducia l’uno nell’altro sia una forza. Riteniamo che ciò che in realtà ha portato a questa crisi che stiamo vivendo in tutti i campi sia propria l’allontanamento gli uni dagli altri e il lavorare e vivere ognuno per se e per i propri interessi. Devo dirti che purtroppo questo atteggiamento e modo di pensare si è avvertito molto anche all’interno della rete stessa.
Sai che il colore della nostra rassegna è il viola. Cosa ne pensi della scaramanzia nel teatro?
Personalmente il viola è uno dei miei colori preferiti e trovo che sia bellissimo applicato al teatro; la scaramanzia, la superstizione è per me sinonimo di ignoranza. Sdoganare il viola in teatro è un modo per svecchiarlo.
Come presidente di TILT, quali strategie adotterresti per attirare i giovani a teatro? Prima di tutto come spettatori?
Credo che per attirare i giovani spettatori, il teatro dovrebbe essere materia curriculare a scuola. Il teatro è secondo me un elemento naturale, connaturato. Non solo non è materia di studio a scuola ma è anche molto maltrattato, nel senso che i ragazzi vengono poco educati al teatro: con la scuola ci vanno poco e non vanno certo a vedere Pippo Delbono o Danio Manfredini. Quindi hanno sin da subito un approccio sbagliato che gli fa sentire il teatro come qualcosa di vecchio e lontano. Inoltre i teatri, intesi come istituzione, fanno una pessima politica culturale, si limitano a sconti sul biglietto ma non si preoccupano di creare nei giovanissimi una vera cultura teatrale. I modi potrebbero essere diversi. Creare degli appuntamenti a scuola con gli artisti, coinvolgere gli studenti in dibattiti dopo gli spettacoli, fare serate per solo pubblico giovane (tipo vietato l’ingresso agli over 20) e tante altre se ne potrebbero studiare, se solo ce ne fosse la volontà.