Continua la serie di domanda poste a chi fa vivere NIN dall’interno. La parte strutturale del festival, fatta di persone, volti, anime e tanta vita. Oggi, poniamo le nostre tre domande a Nicola, il responsabile suoni e musiche, corrispondete attivo nonché giudice imparziale di NIN Note.
Ma iniziamo subito:
1. Come nasce l’idea di un suono, di una melodia da iniserire all’interno di una performance o uno spettacolo?
Nasce spontaneamente, attraverso una ricerca istintiva delle situazioni abbinate alle emozioni indotte dalla performance o dal momento di spettacolo da “accompagnare”. Non avendo una formazione classica da poter asservire allo scopo, ho un approccio più fisico ed astratto, svincolato da qualsiasi premeditazione. Ci sono dei limiti ma anche dei benefici di personalità per il risultato finale perché ci sono poche mediazioni culturali e razionali.
2. Come definiresti il rapporto tra musica (nel suo senso più generale) e il teatro?
La musica nel teatro di ricerca può essere uno sfondo, sostituisce in parte la scenografia (nei nostri casi spesso assente) conferendo carattere alla libertà su cui si poggia la vitalità della recitazione. Non amo pensarla come un elemento scisso dal resto, è un colore dell’anima del progetto.
3. Come sta andando la avventura con NIN Note? Hai un aneddoto da raccontarci?
Coinvolgermi in NIN NOTE è stato un enorme regalo che mi ha fatto Giovanni: assaporo l’energia di questi ragazzi freschi di entusiasmo che ci propongono i loro germogli sonori. Anche se spesso i gusti musicali non coincidono coi miei, l’energia da cui parte la loro espressione è il motore stesso della creatività. Ci accomuna tutti se siamo sensibili all’arte. La parte più comica sono le diverse reazioni degli eterogenei giurati, sembriamo una delegazione di alieni provenienti da pianeti distanti anni luce. E’ buffo vedere gli stessi aspetti in modi così disparati, c’è molta umanità in pochi metri quadrati ogni sera della rassegna.